Architetto Mario Zerillo, professore abilitato all’insegnamento di Fotografia nelle scuole statali. Non sono in grado di valutare il valore “architettonico” di questa ricerca di Mario Zerillo. Ma, come fotografo, resto subito affascinato dalla sua ricerca sulla luce che è riuscito a coniugare insieme a quella sulle forme architettoniche. E’ la prima impressione che emerge, almeno in me, da queste immagini. Le collego per istinto ad alcune fotografie “mediterranee” di Gabriele Basilico, quelle che riescono meglio a cogliere questa luminosità speciale, quelle in cui le forme dell’architettura vengono in qualche modo direttamente plasmate dalla luce, così che queste forme quasi prendono corpo dalla luce stessa. La “scrittura attraverso la luce”, si sa, è nella natura stessa della “foto-grafia”, nella sua stessa costituzione, nella sua stessa definizione. Ma non in tutte le foto la luce ha la medesima importanza, la stessa fondante determinazione. Che cosa, in fondo, dà corpo alle immagini? Che cosa le rende “parlanti”? Che cosa fa risvegliare nella nostra memoria la riconoscibilità interiore di quelle forme? Che cosa le fa emergere dal buio? Appunto la luce, quella luce particolare che il fotografo utilizza con la sapienza del racconto, con la forza creatrice dell’arte. Per questo mi piace parlare della fotografia come “forma di allucinazione”, ma non nel senso in cui la intendeva Roland Barthes, cioè “falsa a livello della percezione, vera a livello del tempo”. Vorrei assumere il termine allucinazione in senso positivo, in senso creativo. Come quel processo che definisce nella sua essenza la fotografia, che la specifica, che la differenzia fra le altre forme d’arte o di comunicazione. Che non è la stessa cosa; ma che devo tener presente. Anche se in questo contesto non mi interessa tanto la fotografia come forma di comunicazione, ma come forma pura, in se stessa. In questo discorso, penso, si inserisce la ricerca di Mario Zerillo. E si inserisce come una ricerca preziosa, proprio nel momento storico in cui la fotografia sembra perdere la forza della sua capacità creativa, anche come oggetto. Nel momento in cui la fotografia sta diventando sempre più un dato che si introduce in un elaboratore e che poi elettronicamente viene trasformata, usata, deformata, diventando una cosa altra, totalmente altra e anche irriconoscibile dal dato di partenza. La lezione che ci viene da Mario Zerillo, come da altri – pochi – fotografi che oggi si accaniscono sulla stampa in bianco e nero, sta proprio nella volontà di salvare e preservare questa specificità fondante della fotografia. E Zerillo, che ha la fortuna, ormai rara, di curare personalmente le sue immagini “dallo sviluppo alla stampa”, sa meglio di ogni altro che il processo di trasmutazione operato dalla luce sulle forme architettoniche che sono oggetto della sua ricerca è analogo al processo di emulsione tra luce e acidi che dà vita allo sviluppo fotografico. Ecco perché è importante sostare e riflettere su questa ricerca: perché ci da il senso, ce lo ricorda, di che cosa è veramente la fotografia, come nasce, come si definisce.
Antonia Ria.
Edizioni I.S.S.P.E.
Sono intervenuti alla presentazione del libro e all’inaugurazione della mostra relativa: Assessore Provinciale alla Cultura, Prof. Tommaso Romano; Presidente dell’ISSPE On. Prof. Dino Grammatico; Arch. Prof. Ettore Sessa.