La Collettiva fotografica è stata presentata a Roma presso il Museo della Civiltà Romana il 06/05/1994 e a Palermo, presso Villa Niscemi il 23/10/1994.
Nell’epoca che segue gli anni Ottanta, segnata più da grandi trasformisti che da grandi trasformazioni, si ha l’impressione che il tanto decantato crollo dei muri abbia più confuso che unito, più annullato differenze che valorizzato e promosso pensieri “altri”. L’unica ideologia sopravvissuta come dominante, quella della fine delle ideologie, ha praticato l’annullamento di altre storie ed altre economie, riconducendo le differenze ad un’unica aspirazione socio-culturale. In questo mondo culturalmente blindato, la libera espressione è spesso espressione di disperata soddisfazione e il libero esercizio del dissenso è, ancora più spesso, soltanto quello esercitato contro chi dissente dalle vigenti categorie critiche e dall’attuale stato delle cose. Nell’immagine fotografica, che nasce da uno strumento tecnico la cui peculiarità è quella di produrre copie della realtà visiva, il problema della creatività è quello della rappresentazione di qualcosa che non c’è. Di qui la necessità di iniziare a evidenziare, senza la presunzione di essere stati esaustivi, più che uno stile fotografico, un genere in fieri, che esprima attraverso immagini della “surrealtà”, o più semplicemente del fantastico, il tentativo di non riflettere l’attuale realtà, di non essere speculari ad una razionalità che pretende l’onni-comprensività e l’onni-comprensibilità. Il risultato non è certo. Può darsi infatti che le immagini che proponiamo vadano a collocarsi oltre lo specchio che riflette la realtà, come può darsi invece che esse riflettano soltanto un pò di quella follia e bellezza perversa di una realtà atomizzata e incongruente che, come spesso accade nell’era del post-moderno, è incapace di andarsi a ricomporsi oltre se stessa. La fotografia della surrealtà, infatti non rispecchia storie e accadimenti, ma le riscrive e li reinventa, perché riconduce il medium fotografico all’essenzialità di una penna o di un pennello che attingono direttamente alla fonte creatività dell’io, specchio soggettivo e poliedrico di ogni cosa.
Sebastiano Messina.