Il rosso è uno dei miei colori preferiti commenta Gabriella Lupinacci davanti alle sue tele rigorosamente rosse.
“E-ros” il titolo della mostra di pittura collegata alla lettura ed alla storia. Caldo, forte, vivo, uno dei tre colori primari insieme al giallo e blu, rosso è il colore del sangue, del fuoco, del sole all’alba e al tramonto, è un colore ancestrale e attuale, insieme al nero il primo ad essere usato dall’uomo, alle più remote origini dell’arte. Gabriella Lupinacci parla del rosso che compare nel calamaio degli scribi egizi e dei monaci medievali; è uno dei due colori base delle carte da gioco e della roulette. Il rosso è il colore fondamentale nella storia dell’umanità; è carico di significati simbolici, facile da ottenere in natura, ma con moltissime varianti sempre più preziose, dalla semplice ocra alla radice della robbia, procedendo poi con gli ossidi di ferro fino alla costosissima porpora ottenuta da molluschi marini della famiglia dei murici o dal chermes, il guscio della cocciniglia. Da una tinta rossastra, il minio, deriva il termine “miniatura”, utilizzato nelle lingue romanze per definire l’illustrazione dei codici (miniati). Anche nei manoscritti medievali l’iniziale di un capitolo veniva scritta in rosso, in latino rubeus, per porla in immediata evidenza: da questa regola viene il termine rubrica, per indicare il quaderno con elenchi alfabetici in cui le lettere vengono spesso scritte in rosso. La produzione industriale dei colori, inizia nel 700, una delle basi più frequenti per il colore rosso, era il mercurio da cui si ottengono il cinabro e il brillante vermiglione, rispettivamente forma naturale e forma sintetica di solfuro di mercurio; mentre il primo è facilmente reperibile in natura, il vermiglione richiede un elaborato processo chimico di sintesi, scoperto nel medioevo e decritto nei trattati dell’epoca, un passo decisivo nella storia della pittura, un passo decisivo verso la conquista di nuovi orizzonti cromatici per gli artisti medievali, che da qui, procedono alla ricerca di altri colori brillanti dal XII sec. in poi. Particolarmente incisivo è il contrasto tra il vermiglione e il fondo oro della pittura trecentesca e tardo gotica. Il rosso, ribadisce Gabriella Lupinacci, esprime sentimenti e simboli estremi che connotano i nostri tempi: la guerra e la disputa tra popoli e religioni, il potere della classe politica europea, l’ira e l’aggressività che scatena i terroristi; gelosia, rabbia moventi per atti di femminicidio. La locuzione vedere rosso, indica appunto la perdita della calma, infuriarsi in maniera animalesca come il toro accecato dalla rossa muleta del torero. Il rosso è velocità, prontezza eleganza, come le automobili Ferrari e le motociclette Ducati; grazie alla sua immediatezza anche nella pittura contemporanea e nei miei dipinti ci rivela Gabriella Lupinacci il rosso offre lo stimolo per catturare nuove e sorprendenti tonalità (il carminio, la porpora, il rosso di cadmio), per esaltare la memoria attraverso la percezione. Il rosso è il più antico tra i colori, basta pensare all’arte rupestre del Paleolitico (tra 13.000 e il 10.000 a.C.), che ci ha lasciato straordinarie immagini di animali e di scene di caccia nelle grotte di Lascaux e Chauvet in Francia e Altamira in Spagna. La pittura vascolare a figure rosse viene inventata ad Atene intorno al 530 a.C. un documento visivo di eccezionale interesse è l’hydria (recipiente per l’acqua) decorata da un anonimo maestro ateniese del V secolo a.C. Anche il rosso pompeiano ci sorprende nelle decorazioni parietali rinvenute nelle città sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. (Ercolano e Pompei). Il rosso ci evoca la passione e la sofferenza di Cristo, come nella salita al calvario di Duccio di Buoninsegna ( 1308-1311) e nel sangue di Cristo di Gian Lorenzo Bernini (1669-70). Il rosso o il nero è il colore dell’eleganza, della classe, dello stile? Per secoli il dilemma si è posto, ma nel ritratto di uomo con turbante rosso di Jan Van Eyck, del 1433 o nel ritratto di Federico da Montefeltro di Piero della Francesca del 1465, la risposta è immediata. Si arriva al potere e all’intrigo attraverso il rosso di Raffaello e di Tiziano nei loro rispettivi ritratti di Leone X con due cardinali del 1518 e il ritratto di Paolo III con i nipoti del 1545. Si passa poi al rosso sangue di Caravaggio, come nel dipinto Giuditta e Oloferne del 1598 ed al rosso carità nel dipinto Cimone e Pero del 1630 di Pieter Paul Rubens. Il rosso porpora, simbolo del potere imperiale è il colore che identifica i vertici della piramide sociale, ci spiega Gabriella Lupinacci, ecco perché Jean Auguste-Dominique Ingres lo usò nel ritratto di Napoleone sul trono imperiale nel 1806. In epoca più recente come ci insegna la tradizione giapponese, un disco rosso raffigura il sol levante come nel Fuji rosso di Katsushika Hokusai in una incisione del 1829 oppure nel dipinto Impression: soleil levant di Claude Monet del 1872. Infine mi vengono in mente lo studio rosso di Matisse del 1911, il divano labbra di Salvatore Dalì del 1935 ed infine il rosso, come colore politico, legato ai funerali di Palmiro Togliatti del 1972 nell’opera di Renato Guttuso.
Gabriella Lupinacci.