Davanti alle foto di Franca Schininà sono tentato da un’ipotesi fantasiosacerto arbitraria. Però irrinunciabile. Immagino un percorso voluto, e voglioso, dalla solitudine del paesaggio alle moltitudini ritratte. Non ho mai visto il Tibet. Quel che ho letto di questo sterminato segmento dell’Asia, un altopiano desertico, poco popolato, disseminato di laghi e catene montuose, mi dà l’idea dello spazio che domina l’individuo costringendolo alla solitudine, a una solitudine perentoria e irrinunciabile perché di ordine naturale. Di questa idea le foto mi danno conferma. Si soffermano spesso sui giovani, i vecchi e i bambini. E cani e pecore e cavalli. Sagome viventi che insorgono come punti stellari nel cielo notturno. Tra distese di terra e montagne sabbiose. Poi la fotografia fugge, come spinta da una tensione ansiosa verso l’uomo in gruppo, verso la coppia, verso l’insieme, verso la folla. Attraverso la fotografia l’autrice inverte le ragioni della geologia. Cerca nuclei, aggregazioni viventi. E li trova. O meglio, li ottiene, quasi li forma, stringendo il campo, eliminando gli sfondi, mettendo a fuoco le persone vicine nel mercato, nel villaggio, nella processione. E’ come se volesse rincorrere la moltitudine per trovare quel rapporto stretto e fisico con la gente. Per il desiderio di strisciare su gomiti, fianchi, petti, spalle, musi di cani, zampe di pecore e teste di bimbi. E si è così al sublime del fotografare. Che non è soltanto saper vedere. Ma voler vedere. Lasciarsi guidare, nel vedere, dagli stimoli dell’anima. Da pulsioni che fremono dentro il soggetto fotografante nell’attimo in cui si stabilisce la relazione misteriosa, sempre imperscrutabile, con l’oggetto da fotografare. Fotografia è invenzione. Cos’altro? L’invenzione può indurre all’arbitrio. E allora?
Giovanni Pepi.
Fin qui sei giunto per scoprire che quel che cerchi è già dentro di te. aforisma buddista. Se porti alla luce ciò che è dentro di te, ciò che è dentro di te ti salverà. Se non porti alla luce ciò che è dentro di te, ciò che non porti alla luce ti distruggerà.
Vangeli gnostici.
Contemporaneamente alla mostra fotografica a Villa Niscemi è stato presentato il libro “Fin qui sei giunto…” con introduzione del Prof. Mario Giacomarra, docente di Sociologia della Comunicazione – Facoltà di Lettere di Palermo Le stampe del libro sono state realizzate da Giuseppe Leone e da Nicola Scafidi.
Prefazione di Rita Cedrini e Giovanni Pepi.
Franca Schininà inizia ad operare in fotografia nel 1980. In seguito frequenta un corso condotto da Giuliana Traverso sul tema “Psicologia nella fotografia” e un corso con Leonard Freed. La sua ricerca fotografica, così, sfocia in un primo, e non ultimo, reportage neorealista di grande drammaticità. Di pensiero cosmopolita va in tuguri, in ghietti, lungo strade interminabili, tra dune desertiche, nelle foreste per trovare l’Uomo nella sua essenza. Nel 1982 espone a Ragusa la sua prima mostra personale in occasione della “giornata della donna”. Seguono “emarginazione e solitudine” nel 1985, “Per la strada” nel 1986. Verso il centro “Alfred Stieglitz” di Modena nel 1987 presenta “Il presagio” e nel 1988 “Lungo i percorsi di noi stessi”. “Il Diaframma Kodak” ospita nel 1991 in concomitanza con la presentazione della mostra personale di Giuseppe Leone “Sicilia – Vent’anni di fotografia”. Sue fotografie dal 1993 fanno parte del patrimonio del Museo Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo.